Ci vantiamo di essere in un’era di avanzamento, di scienza, di progresso. Non è strano allora che crediamo ancora al culto dei feticci? È vero, i nostri feticci hanno forma e sostanza diverse, ma nel loro potere sulla mente umana sono ancora disastrosi come quelli dell’antichità.
Il nostro moderno feticcio è il suffragio universale. Coloro che non hanno ancora raggiunto questo obiettivo combattono rivoluzioni sanguinose per ottenerlo e coloro che godono del suo regno portano pesanti sacrifici all’altare di questo dio onnipotente. Guai agli eretici che osano mettere in dubbio questa divinità!
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La richiesta femminile dell’eguaglianza elettorale si basa in gran parte sul sostenere che la donna deve avere eguali diritti in tutte le questioni della società. Nessuno potrebbe, naturalmente, negarlo, se il voto fosse un diritto. Ahimè, limitatezza della mente umana, che riesce a vedere un diritto in un’imposizione. O non è forse un’imposizione delle più brutali che un gruppo di persone faccia delle leggi che un altro gruppo è costretto con la forza ad osservare? Eppure la donna chiede a gran voce questa «occasione d’oro» che ha causato tanta miseria nel mondo e ha derubato l’uomo della sua integrità e della fiducia in se stesso; un’imposizione che ha completamente corrotto il popolo e l’ha reso interamente preda nelle mani di politicanti senza scrupoli.
Povero, stupido libero cittadino americano! Libero di morir di fame, libero di vagabondare per le autostrade di questo grande paese, si gode il suffragio universale e, con questo diritto, ha forgiato le catene che cingono le sue membra. La ricompensa che ne riceve sono le leggi restrittive sul lavoro, che proibiscono il diritto di boicottare, di fare picchetti, in pratica qualunque cosa eccetto il diritto di essere depredato del frutto del suo lavoro. Ma tutti questi disastrosi risultati del feticcio del XX secolo non hanno insegnato niente alla donna.
Ma, poi, la donna purificherà la politica, ci assicurano. Non c’è bisogno di dire che io non mi oppongo al voto delle donne col solito argomento che la loro eguaglianza non arriva sino a questo. Non vedo alcuna ragione fisica, psicologica o mentale per cui la donna non dovrebbe avere lo stesso diritto di votare dell’uomo. Ma questo non m’impedisce assolutamente di vedere l’assurdità della convinzione per cui la donna dovrebbe riuscire là dove l’uomo ha fallito. Se anche essa non renderebbe le cose peggiori, certo non potrebbe migliorarle. Sostenere, pertanto, che essa riuscirebbe a purificare qualcosa che non è suscettibile di essere purificato significa accreditarla di poteri soprannaturali. Poiché la più grande disgrazia della donna è stata quella di essere guardata come un angelo o come un diavolo, la sua vera salvezza sta nell’essere riportata coi piedi per terra; vale a dire, nell’essere considerata umana e perciò soggetta a tutte le follie e gli errori umani. Dobbiamo allora credere che sommando due errori otterremo una cosa giusta? Dobbiamo ritenere che il veleno già insito nella politica diminuirebbe se la donna entrasse sulla scena politica? La più ardente suffragista faticherebbe a sostenere una simile sciocchezza.
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Ma, dicono i nostri cultori del suffragio, guardate ai paesi e agli stati dove esiste il voto femminile. Guardate cosa ha ottenuto la donna in Australia, in Nuova Zelanda, in Finlandia, nei paesi scandinavi e nei nostri quattro stati, l’Idaho, il Colorado, lo Wyoming e l’Utah. Il fascino è accresciuto dalla distanza o, come dice un proverbio polacco, «tutto va bene dove noi non siamo». Così si potrebbe ritenere che quei paesi e stati siano diversi dagli altri paesi e stati, che abbiano una maggiore libertà, una maggiore eguaglianza sociale ed economica, che la vita umana vi sia meglio apprezzata, che vi sia una più profonda comprensione della grande lotta sociale con tutte le questioni vitali che comporta la razza umana.
Le donne australiane o neozelandesi possono votare e contribuire a creare le leggi. Le condizioni di lavoro sono migliori là di quanto non siano in Inghilterra, dove le suffragette stanno portando avanti una lotta tanto eroica? Esiste là un maggior senso della maternità, i bambini sono più felici e più liberi che non in Inghilterra? La donna là non è più considerata un semplice oggetto sessuale? Si è emancipata dallo standard puritano di moralità diverso per l’uomo e per la donna? Certo nessuno, se non la solita politicante da comizio, oserà rispondere affermativamente a queste domande.
Se le cose stanno così, è ridicolo indicare l’Australia e la Nuova Zelanda come la Mecca delle realizzazioni dell’eguaglianza nel voto.
D’altro canto, è un fatto, per coloro che conoscono le reali condizioni politiche in Australia, che la politica ha imbavagliato il movimento operaio emanando le più restrittive leggi sindacali, che rendono gli scioperi decretati senza la sanzione di un comitato di arbitrato un crimine equivalente al tradimento.
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Per quanto riguarda i nostri stati dove le donne votano, e che sono costantemente indicati come esempi meravigliosi, cosa vi è stato ottenuto per mezzo della scheda che le donne non godano già largamente negli altri stati e che i loro sforzi vigorosi non possano guadagnar loro senza bisogno della scheda?
È vero, negli Stati dove votano è garantita alle donne l’eguaglianza nel diritto di proprietà; ma che vantaggio porta questo diritto alla massa delle donne che non hanno proprietà, alle migliaia di lavoratrici salariate che vivono alla giornata? Che l’eguaglianza elettorale non incida sulla loro condizione, e non possa farlo, è ammesso persino dalla dottoressa Summer, che è certo in grado di saperlo. (…) E dov’è il superiore senso di giustizia che la donna doveva portare in campo politico? Dov’era nel 1903 quando i proprietari di miniere ingaggiarono una guerra di guerriglia contro la Western Miner’s Union; quando il generale Bell istituì il regno del terrore, strappando gli uomini dal letto durante la notte, rapendoli attraverso il confine, gettandoli nei recinti dei tori, dichiarando «al diavolo la Costituzione, la Costituzione è il bastone!»? Dove erano le donne politiche, allora, e perché non esercitarono il potere del loro voto? Ma lo fecero! Esse contribuirono alla sconfitta dell’uomo più liberale e dalla mente più aperta, il governatore Waite. Quest’ultimo dovette cedere il posto al burattino del re delle miniere, il governatore Peabody, il nemico dei lavoratori, lo Zar del Colorado. «Certo il voto maschile non avrebbe potuto far di peggio». Garantito. Dove sono, allora, i vantaggi per le donne e per la società derivanti dal suffragio femminile? L’asserzione spesso ripetuta che la donna purificherà la politica non è altro, anch’essa, che un mito. Mito che non è certo nato dalla gente che conosce le condizioni politiche dell’Idaho, del Colorado, del Wyoming e dell’Utah.
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Nel Colorado il puritanesimo femminile si è espresso in una forma più drastica. «Gli uomini noti per la loro vita immorale e gli uomini che frequentano i saloons sono stati allontanati dalla scena politica da quando le donne hanno il voto».[2] Il fratello Comstock avrebbe potuto far di meglio? Avrebbero potuto far di meglio tutti i padri puritani? Mi chiedo quante donne comprendano la gravità di questa cosiddetta impresa. Mi chiedo se capiscono che è il genere di cosa che invece di elevare la donna, fa di lei una spia politica, deprecabilmente curiosa degli affari privati della gente, non tanto per il bene della causa, quanto perché, come ha detto una donna del Colorado, «si divertono ad entrare in case dove non sono mai state e a scoprirvi tutto quello che possono, questioni politiche o di qualunque altro genere».[3] Sì, ad entrare nell’animo umano e in tutti i suoi angoli più riposti. Perché niente soddisfa la curiosità della maggior parte delle donne come uno scandalo. E quando mai le si offrono più opportunità di quelle che ha lei, la politicante?
«Uomini noti per la loro vita immorale e gli uomini che frequentano i saloons». Certamente chi raccoglie i voti femminili non si può dire che abbia molto senso delle proporzioni. Anche concedendo che queste ficcanaso possano decidere chi conduce una vita abbastanza morale per quell’ambiente morale più di ogni altro che è la politica, si deve ritenere che i proprietari di saloons appartengano alla stessa categoria? A meno che non si tratti dell’ipocrisia e del bigottismo americani, così manifesti nel principio del proibizionismo, che sancisce il dilagare dell’alcoolismo tra gli uomini e le donne delle classi agiate, mentre tiene attentamente d’occhio l’unico posto rimasto al poveruomo. (…)
Le donne che sono ben familiarizzate con l’andamento della politica conoscono la natura della bestia, ma, nella loro presunzione ed egocentrismo, si costringono a credere che basti loro coccolare la bestia perché diventi docile come un agnellino, gentile e puro. Come se le donne non avessero venduto il loro voto, come se le donne politiche non potessero essere comprate. Se il loro corpo può essere acquistato in cambio di tornaconti materiali, perché non il loro voto? Che ciò sia avvenuto nel Colorado e in altri Stati non è negato neppure da chi è favorevole al suffragio femminile.
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La brillante leader delle suffragette inglesi, Emmeline Pank- hurst, ha ammesso lei stessa, durante il suo giro di conferenze nell’America, che non può esistere eguaglianza tra chi è politicamente superiore e chi è inferiore. Se è così, come potranno le lavoratrici inglNOTEesi già inferiori economicamente alle signore che vengono beneficiate dalla legge Shackleton,[4] adoperarsi insieme a chi è loro superiore politicamente, affinché la legge passi? È improbabile che la classe di Annie Keeney, così piena di ardore, di devozione, così pronta al martirio, venga costretta a caricarsi sulle spalle i suoi capi politici femminili, mentre già vi sta portando i suoi padroni economici. Nondimeno dovrebbero farlo, se il suffragio universale per gli uomini e le donne venisse instaurato in Inghilterra. Non importa cosa facciano i lavoratori, sono loro che devono pagare, sempre. Tuttavia, coloro che credono nel potere del voto dimostrano uno scarso senso di giustizia non interessandosi affatto di coloro a cui, secondo quanto essi sostengono, il voto dovrebbe servire di più.
Il movimento suffragista americano è stato, fino a tempi molto recenti, un affare da salotto, completamente staccato dai bisogni materiali del popolo. Così Susan B. Anthony, senza dubbio una donna fuori del comune, era non solo indifferente, ma ostile al movimento operaio; e non ha esitato a manifestare la sua ostilità quando, nel 1869, raccomandava alle donne di prendere il posto dei tipografi in sciopero, a New York. Non so se abbia mutato il suo atteggiamento prima della sua morte.
Ci sono, naturalmente, delle suffragiste che sono associate con le lavoratrici – la Women’s Trade Union League, ad esempio; ma costituiscono una piccola minoranza e svolgono una attività essenzialmente sindacale. Le altre considerano il duro lavoro come un dono deNOTElla Provvidenza. Che ne sarebbe dei ricchi se non ci fossero i poveri?
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La storia dell’attività politica dell’uomo prova che essa non gli ha dato assolutamente niente che egli non avrebbe potuto ottenere per una via più diretta, meno costosa e in modo più durevole. Alla prova dei fatti, ogni pollice di terreno che ha guadagnato lo ha guadagnato combattendo costantemente una lotta incessante per la sua autoaffermazione e non con il voto. Non c’è nessuna ragione al mondo per ritenere che la donna, nella sua ascesa verso l’emancipazione, sia stata o sarà aiutata dalla scheda.
Nel più buio dei paesi, la Russia, col suo dispotismo assoluto, la donna è diventata pari all’uomo non attraverso la scheda, ma con la sua volontà di essere e di fare. Non solo si è conquistata tutte le vie dell’istruzione e dell’occupazione, ma si è guadagnata la stima dell’uomo, il suo rispetto, il suo cameratismo; sì, e ancor più di questo: si è guadagnata l’ammirazione, il rispetto di tutto il mondo. Anche questo non attraverso il suffragio, ma col suo meraviglioso eroismo, la sua forza d’animo, le sue capacità, la sua forza di volontà e la sua perseveranza nella lotta per la libertà. Dove sono le donne di qualunque paese o Stato suffragista che possano vantare una tale vittoria? Se consideriamo ciò che ha ottenuto la donna in America, scopriamo di nuovo che qualcosa di più profondo e di più potente del voto l’ha aiutata nel suo cammino verso l’emancipazione.
Sono passati giusto 62 anni da quando un pugno di donne, alla Seneca Falls Convention, espose alcune richieste sul proprio diritto alla parità di educazione con l’uomo e all’accesso alle varie professioni, mestieri, ecc. Che meravigliosi risultati, che meravigliosi trionfi! Chi, se non la persona più ignorante, osa parlare della donna come una semplice schiava della casa? Chi osa insinuare che questa o quella professione non dovrebbe esserle aperta? Per più di 60 anni ella si è plasmata una nuova atmosfera e una nuova vita. E diventata una potenza mondiale in ogni campo del pensiero e dell’attività umana. E tutto questo senza il suffragio, senza il diritto di legiferare, senza il «privilegio» di poter diventare giudice, carceriere o carnefice.
Sì, io potrei venire considerata una nemica delle donne; ma se potrò aiutarle a vedere la luce, non me ne lamenterò.
La disgrazia della donna non è di non essere in grado di svolgere il lavoro di un uomo, ma di sprecare la sua forza vitale per superarlo, con una tradizione di secoli che l’ha resa fisicamente incapace di stare al passo con lui. Oh, so che alcune vi sono riuscite, ma a che prezzo, a che tremendo prezzo! L’importante non è che tipo di lavoro fa la donna, ma piuttosto la qualità del lavoro svolto. Essa non può dare al suffragio o alla scheda nuove virtù, né può riceverne niente che accresca le sue qualità. Il suo sviluppo, la sua libertà, la sua indipendenza devono venire da e per mezzo di se stessa. In primo luogo, rifiutando che chiunque accampi diritti sul suo corpo; rifiutandosi di partorire figli se non li desidera; rifiutando di essere serva di Dio, della società, dello Stato, del marito, della famiglia, ecc., rendendo la propria vita meno semplice, ma più profonda e più ricca. Vale a dire, cercando di comprendere il significato e la sostanza della vita in tutta la sua complessità, liberandosi dal timore del giudizio e della condanna della gente. Solo questo, e non la scheda, libererà la donna, farà di lei una forza finora sconosciuta al mondo, una forza per il vero amore, per la pace, per l’armonia; una forza di fuoco divino, che dà vita; che crea e uomini e donne liberi.
Emma Goldman
NOTE
[1] Da GOLDMAN, Emma, Amore ed emancipazione. Tre saggi sulla questione della donna, Edizioni La Fiaccola.
[2] Dr. Helen Summer, Equal Suffrage.
[3] Ibidem.
[4] Shackleton era un leader sindacale. È dunque chiaro che egli ha proposto una legge che esclude i suoi stessi elettori. II Parlamento inglese è pieno di Giuda di questo genere.